Parliamo di posizione in bici da triathlon; questa disciplina è un po’ particolare per diversi motivi:
- chi fa triathlon sale in bici dopo aver nuotato e spesso inizia la frazione bike già in soglia se non fuori soglia a causa dello shock posizione orizzontale in acqua – in piedi in zona cambio
- la frazione in bicicletta è molto più lunga di una qualsiasi gara di ciclismo a cronometro
- non ci sono i limiti determinati dalle regole UCI quindi possiamo fare un po’ tutto quello che ci pare.
- dopo la bici bisogna correre, e parecchio, quindi meglio scendere con gambe, schiena ed anche il più sciolte possibile.
La tendenza, quindi, è cercare la posizione più confortevole e sostenibile piuttosto che estremizzare tutto alla ricerca della massima aerodinamicità.
La posizione sulla bici da triathlon: Comodità vs Prestazione
In merito a questo vorrei analizzare la posizione dei PRO a Kona: la prima cosa che salta all’occhio è che nessuno ha una posizione estrema, particolarmente bassa e raccolta come si vede nelle tappe a cronometro del Tour.
Non essendoci le ristrettezze delle regole UCI vediamo come tutti tendono a stare piuttosto allungati, con un reach dei poggiagomiti molto lungo e piuttosto alto (vedi Ditlev e Laidlow), questo rende più semplice abbassare la testa fra le spalle allineandola alla schiena e allo stesso tempo, lasciando l’angolo minimo dell’ anca, creato dal torso e dalla coscia quando il pedale è alle ore 12, più aperto il che permette una migliore ventilazione e una minor compressione della cavità addominale (e quindi miglior mobilità viscerale).
Altra caratteristica comune è, vista la necessità di diminuire l’area frontale per scopo aerodinamico, la distanza tra i due poggiagomiti: spesso è molto molto stretta. Questa è una soluzione sicuramente vantaggiosa come penetrazione dell’aria ma da valutare attentamente.
Molto spesso, infatti, chiudere le spalle comporta una maggior difficoltà o, addirittura, l’impossibilità di abbassare la testa tra le spalle annullando il vantaggio aerodinamico anzi, ottenendo un risultato controproducente.
Anche la respirazione è più difficoltosa in questa posizione, se non si è ben adattati si rischia di perdere litri preziosi di aria che possono essere decisivi nella prestazione.
La posizione delle mani
Da qualche anno si è affermata la posizione “mantis” con le mani più alte dei poggiagomiti. Questo perché facilità il rilassamento delle spalle, un migliore shrug e una maggiore stabilità in sella. Tuttavia sembra che siano sparite le Mantis estreme con le mani molto in alto (che difatti la maggior parte delle volte risultano poco efficienti dal punto di vista prettamente aerodinamico in test in velodromo o galleria del vento), la soluzione più diffusa è quella che prevede un’inclinazione delle aero bars tra i 15 e i 20 gradi.
Posizione della sella
Anche qui non vige la regola UCI dei 5 cm di arretramento quindi vediamo spesso atleti che pedalano molto avanzati (rispetto a quello che storicamente viene considerato corretto, anche erroneamente).
Cosa comporta avanzare la sella?
Nel caso delle bici da crono, dove è previsto abbassare il busto orizzontalmente, uno dei limiti del comfort è avere l’anca molto chiusa, il ginocchio in pancia volgarmente.
Avanzando e, di conseguenza, alzando la sella possiamo aprire le anche riducendo l’effetto spiacevole, spesso associando anche pedivelle più corte.
Insomma, anche vedendo i Pro migliori al mondo, si ha la conferma della regola Speed = comfort + power + aero, se togliamo il comfort a scapito della pura Aero, su una gara così lunga si hanno degli effetti negativi sulla prestazione.
Allo stesso modo non possiamo pensare di non valutare attentamente l’aerodinamica del sistema bici-rider perché potremmo perdere minuti in una gara di 4-5 anche 6 ore.
Deve essere un giusto COMPROMESSO tra le tre varianti, è un lavoro certosino che va affrontato step by step e che richiede tempo di adattamento ad ogni modifica apportata.