Passeggiando in zona cambio in un qualsiasi evento di triathlon di lunga distanza si nota che la stragrande maggioranza delle biciclette sono biciclette da cronometro. Se andiamo indietro anche solo di 10-15 anni di crono ne trovavamo davvero poche, giusto i professionisti e qualche age group ambizioso, ora molti triathleti non hanno neanche una bici da corsa tradizionale. Ecco che, per i produttori, il mercato triathlon si è fatto interessante tanto da indurli a creare modelli specifici per la triplice con caratteristiche specifiche per affrontare un Ironman, idratazione, box per stoccare barrette e gel, scomparti per accogliere camere d’aria di riserva: oggi qualsiasi bicicletta da triathlon che si rispetti deve avere questi requisiti.
Bici da triathlon troppo corte?
Un altro aspetto fondamentale è la possibilità di adattabilità del mezzo al triathleta in modo da renderlo performante sui 90 o 180 km di gara e permettergli di correre efficientemente dopo la frazione bike.
E qui, per chi fa il mio lavoro, si apre un mondo. Sul mercato esiste davvero di tutto: da biciclette in cui non si riesce a regolare nulla (spesso crono vecchia concezione o progettate più per le competizioni di ciclismo e per rispettare le regole UCI) a biciclette in cui si riesce a lavorare in maniera abbastanza efficace ed agevole.
Tuttavia, quello che sta accadendo nell’ultimo anno/anno e mezzo mi porta a pensare che in breve tempo i produttori dovranno adattarsi a quella che sta diventando la regola in termini di settaggio della posizione: LE BICICLETTE SONO TROPPO CORTE!
Ma andiamo con ordine: fino a poco tempo fa la tendenza era quella di avere un dislivello importante tra sella e poggia gomiti, più basso sei davanti meglio è, e, difatti, tanti acquistarono la crono una taglia più piccola della bici da corsa, proprio per avere uno stack più basso possibile.
Negli ultimi due anni i test aerodinamici in velodromo, outdoor, galleria del vento, ecc sono diventati molto più fruibili, molti più atleti e bike fitters hanno potuto testarsi e testare e quello che è venuto fuori ci ha fatto capire che la realtà è molto diversa e che, fondamentale, stavamo sbagliando tutto.
Ed ecco che la posizione in sella piano piano si è modificata fino ad ottenere quello che vediamo oggi dove il dislivello tra selle e poggiagomiti è molto limitato se non nullo.
Questioni di REACH
Ma allora come facciamo ad essere aero?
Perché si è modificato l’altro parametro fondamentale della geometria della bici: il REACH! Oggi la bicicletta è LUNGA, lunghissima.
Il vantaggio aerodinamico consiste nel fatto che, quasi sempre, grazie a questa soluzione, l’atleta è in grado di incassare meglio la testa fra le spalle: lo SHRUG in gergo tecnico, e la posizione della testa è il fattore che maggiormente influenza la penetrazione nell’aria: il famoso CDA di cui oggi tutti parlano. Testa bassa = veloce, stack bassissimo ma testa alta = lento! LOW IS SLOW insomma.
Anche nella CRONO del Tour de France 2023 dominata da Jonas Vingegaard ho notato (con piacere) come fosse allungata la sua posizione ed anche quella di Wout Van Aert arrivato terzo.
Senza contare che uno stack più alto permette di avere un’angolo dell’anca più aperto, una posizione più comoda e sostenibile, la capacità di espandere il diaframma migliore, essere meno incastrati a livello di stomaco ed intestino, insomma: ci sono un sacco di vantaggi.
Il problema è che, però, raggiungere tale posizione con le bici in commercio è difficile e bisogna ricorrere a soluzioni custom, placchette varie, adattatori, ecc. il che, dopo aver speso 10-12k € fa anche un po’ rabbia.
Anche le bici dei pro sono cosparse di adattatori vari (vedi le foto) il che, potenzialmente potrebbe anche essere pericoloso in quanto i componenti come manubrio, appendici, stem, telaio, ecc vengono testati per essere utilizzati in versione di serie.
Ad esempio se prendiamo Canyon: tutti i PRO che usano la Speedmax (a parte Frodeno) usano lo spessore inclinato ed allungato che fra l’altro Canyon neanche vende, e posso assicurare che, tra i miei clienti, un buon 90% demi loro ha dovuto acquistare uno spessore simile da una ditta esterna per poter raggiungere una posizione ideale.
Ma vediamo anche la Trek di questo super atleta molto famoso, anche lui adattatori in alluminio e via.
Tutto questo perché la posizione in bici viene sempre arrangiata DOPO aver acquistato la bicicletta (e molto probabilmente dopo averla progettata). È un po’ come pensare di adattare degli occhiali dall’oculista dopo averli acquistati. Non funziona vero?
Kù Cycle esce dal coro e traccia il nuovo trend delle bici da triathlon
Ora sembrerò di parte ma l’unica azienda che ha avuto il coraggio di rovesciare la situazione è la KÚ Cycle. Il telaio viene progettato e prodotto dopo aver affinato la posizione perfetta per il cliente sulla fit bike senza i limiti imposti da un telaio, questo nonostante la bici offra il più ampio range di regolazione di stack e reach del mercato.
In questo modo l’atleta ha la possibilità di raggiungere davvero il massimo potenziale senza dover ricorrere a strategie strane che possono mettere a repentaglio la conduzione del mezzo e la sicurezza.
Qual è il futuro allora?
Prevedo che in futuro i produttori progetteranno delle biciclette da triathlon più lunghe (e forse alte) cercando di non dover ricorrere a stratagemmi che mostrano in mondo visione i limiti del loro prodotto, i limiti UCI nel triathlon non si pongono quindi la cosa è fattibile, il problema di avere, invece, una bici corta allungata è, oltre a quello che si è detto di guidabilità e stabilità, di rischiare di avere l’estremità delle prolunghe più avanti dell’ estremità della ruota anteriore e questo, per regolamento FITRI non è permesso.